Nairobi, venerdì 3 luglio 2020
Il giornale di stamattina diceva che ad oggi, dai primi di marzo, ci sono 6.673 casi confermati, 2.889 guarigioni e 149 decessi. Gli esperti prevedono un drammatico peggioramento in agosto e settembre. Ma nell’ambiente in cui vivo, fra le persone che conosco, la percezione diffusa è che il pericolo sia passato e si dovrebbero riaprire le scuole, i ristoranti, e le altre istituzioni che sono state chiuse all’inizio della pandemia, soprattutto che finiscano le restrizioni sui viaggi interni. I viaggi all’estero via aerea sono il privilegio di pochi, e non sono un problema per i miei amici. Stiamo facendo fatica a mantenere Kivuli chiusa, la vita dall’esterno preme sul grande cancello blu.
Già due settimane fa Alex, un sedicenne di Tone la Maji, mi ha chiesto di essere circonciso. Mi sono consultato con gli operatori e la richiesta ci è parsa ragionevole, addirittura una bella idea per approfittare di queste vacanze forzate, visto che di solito la completa guarigione dalla circoncisione richiede dall’una alle tre settimane. Altri si sono aggregati, abbiamo ottenuto il consenso dei genitori, e mercoledì della scorsa settimana un gruppo di 14 ragazzi è stato circonciso dal nostro personale medico del Kivuli Dispensary.
La circoncisione nelle tradizioni di molti popoli africani – con elementi particolari molto diversi – segna il momento di passaggio dall’infanzia all’età adulta.
La circoncisione nelle tradizioni di molti popoli africani – con elementi particolari molto diversi – segna il momento di passaggio dall’infanzia all’età adulta, e fa parte di un periodo di iniziazione in cui solo alcuni anziani maestri di vita possono stare insieme agli iniziandi e li istruiscono sui comportamenti e soprattutto sui doveri che un uomo ha verso la comunità. Al termine dell’iniziazione c’è una festa comunitaria per l’accoglienza dei neo-adulti.
Nella vita tradizionale l’iniziazione era un rito di importanza difficile da sopravalutare, e creava coesione sociale, solidarietà, senso di comunità. In città è sopravvissuta solo la circoncisione, anche perché promossa in quasi tutta l’Africa nera dai governi, in base a studi fatti durante la precedente pandemia, quella di HIV- AIDS, che l’abbinavano ad una diminuita diffusione della malattia.
Nella vita tradizionale l’iniziazione era un rito di importanza difficile da sopravalutare, e creava coesione sociale, solidarietà, senso di comunità.
Fra i nostri ragazzi tutto è andato bene e naturalmente abbiamo cercato di dare un significato a questo momento, sottolineando l‘importanza dei valori della tradizione e facendo con loro lettura del breve racconto della circoncisione di Gesù e anche degli Atti degli Apostoli dove si riporta la decisione degli apostoli che la circoncisione può essere eseguita ma non è obbligatoria. Abbiamo soprattutto insistito sui doveri di un cristiano adulto.
Non siamo i primi a scoprire che la Cresima ha un’affinità particolare con i riti tradizionali di passaggio che erano comuni, con circoncisione o senza, a tutte le etnie africane, ma, da quel che so, i tentativi di inculturazione in questa direzione hanno incontrato profonde resistenze. Come tutto il processo di inculturazione che ironicamente – o tristemente? – è stato bloccato dopo la celebrazione del primo Sinodo Africano nel 1994. Si sono fatti più progressi o per lo meno più tentativi, nel “cristianizzare” i riti, molto meno praticati, che venivano fatti per le ragazze e comportavano anche le inaccettabili mutilazioni genitali.
Oggi, conclusione seconda settimana del corso di catering, H*** un quasi trentenne che è arrivato a Nairobi otto anni fa dal villaggio nell’assurda speranza di trovare lavoro e invece è finito quasi subito in strada, annuncia a tutti: “Non sono mai rientrato al villaggio perché mi vergognavo. Partendo avevo promesso a mia nonna che da Nairobi le avrei inviato dei soldi per essere tranquilla nella sua vecchiaia. Adesso sono felice, mi impegno al massimo e so che presto la potrò aiutare”. La forza dell’amore delle nonne! H***, come la maggioranza di questi ragazzi, appartiene alla generazione che è stata allevata dalle nonne perché i genitori erano morti per l’AIDS.
“Adesso sono felice, mi impegno al massimo e so che presto la potrò aiutare”
La foto è un attimo rubato durante la Messa di domenica scorsa. Come d’abitudine tutti i ragazzi di Tone la Maji erano curvi, il volto fra le mani, nel momento della preghiera dei fedeli, con tanti interventi di preghiere anche molto lunghe… interminabili. Ad un certo punto alzo la testa, mi guardo in giro, e vedo il piccolo Kevin, che seminascosto dalla schiena del vicino mi lancia uno sguardo d’intesa. Non ho resistito, ho preso il telefonino che era in modalità silenziata ed ho scattato questa foto. Chiedo pietà ai liturgisti. Spero nessuno mi denunci alla santa Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Ma se la forza della preghiera si misura con l’amore lo sguardo di Kevin mi rassicura. Non sarò condannato.