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Voci africane dalla pandemia
Anno XXI, n. 1 Giugno 2021 - di AAVV
I media non parlano molto degli effetti della pandemia sulla vita quotidiana di Paesi come Zambia e Kenya. Per questo abbiamo voluto sollecitare alcune testimonianze di operatori vicini ad Amani. Ecco le loro voci.
I BAMBINI PRIMA DI TUTTO
Quando il 16 marzo 2020 sono state chiuse le scuole, nei centri di Kivuli, Ndugu Mdogo e Anita si è cercato di capire il da farsi. Kivuli ha chiuso, a causa del crescere dei contagi nel quartiere di Riruta, dove è situato. Parte dei bambini residenti a Kivuli e i piccoli appena accolti a Ndugu Mdogo – della cui famiglia di origine non si era ancora cominciato a cercare tracce – sono stati alloggiati a Tone la Maji, centro di accoglienza immerso nel verde e quindi con ampi spazi dove poter stare all’aria aperta, evitando il contagio. La restante parte dei bambini è stata riaccompagnata alle famiglie di origine; quelli che frequentano il centro in modalità diurna sono rimasti isolati, senza scuola né attività. Alla Casa di Anita, anche questa una struttura posta tra colline verdeggianti fuori Nairobi, le piccole ospiti sono state solo in parte riaccompagnate alle famiglie di origine.
Per chi è rimasto nei centri si sono tenute lezioni auto-organizzate, facendo il possibile per non far perdere l’anno scolastico. Per i bambini rientrati presso le famiglie, lo staff di Koinonia ha cominciato a pianificare visite domiciliari. I problemi sono emersi da subito: alcuni genitori si sono ritrovati senza lavoro dalla sera alla mattina. Il primo problema è la mancanza di cibo. Il secondo è come pagare l’affitto: tutti – adulti e bambini – sono costretti ad andare in giro in cerca di fonti di reddito alternative, esponendosi al pericolo del contagio.
In alcuni casi, gli educatori e lo staff si sono fatti accompagnare da counselor, per offrire sessioni di aiuto psicologico ai membri della famiglia. Specifiche sessioni di counseling, terapia di gruppo e momenti di scambio sono stati di supporto anche agli operatori, che si trovano a lavorare in situazioni di forte stress psicologico. Se non si sta bene diventa difficile aiutare gli altri.
Alcune famiglie, senza più lavoro né soldi per pagare l’affitto, hanno deciso di trasferirsi verso le aree rurali dove ancora vive la famiglia allargata e dove si può praticare un po’ di agricoltura di sussistenza. Questo ha permesso ai più piccoli di incontrare i nonni per la prima volta e conoscere finalmente le proprie radici. Verso ottobre 2020, quando l’emergenza è scemata, molti membri della comunità sono venuti a ringraziare gli educatori per tutto quello che avevano fatto, per non averli abbandonati e non averli fatti sentire soli.
George Njuguna Mwangi, Programs Officer di Koinonia Community Kenya.
Testo raccolto da Lorena Martignoni.
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SONO DIVENTATO AGRICOLTORE
Ho 33 anni; quando ne avevo 10 anni sono diventato uno dei primi bambini accolti nel Centro di Mthunzi. Non ero mai andato a scuola prima di entrare a Mthunzi e fu molto difficile mettermi al passo con i miei compagni, mi vergognavo della mia ignoranza. Divenni uno dei più bravi della classe, avrei voluto studiare ingegneria aeronautica ma finii per studiare da elettricista. Fare l’elettricista non è certo la mia passione, ma è un mestiere onesto. Mi muovevo in diverse località dello Zambia, lavorando principalmente in case private e pensioni. L’arrivo del Covid ha messo in seria difficoltà il mio lavoro, improvvisamente non c’erano più opportunità. Non sarei potuto rimanere molto tempo senza un salario, mi rimanevano pochi risparmi e solo le mie forze su cui poter contare. Cercai di immaginare cosa avrei potuto fare per uscire da quella situazione. Pensai che anche in tempo di crisi le persone hanno bisogno di mangiare e che Koinonia mi avrebbe permesso di coltivare la terra, in quanto suo membro. Assunsi dei lavoranti per ripulire il terreno: lavorarono più del previsto per guadagnare qualche soldo in più, estendendo la superficie che intendevo coltivare ben oltre quello che avevo immaginato. Rape e fagiolini furono le prime piante che feci crescere. Senza rendermene conto mi trasformai in agricoltore. La pandemia ha cambiato il corso della mia vita, mi ha permesso di entrare nel mondo dell’agricoltura, che ho scoperto di amare. Penso sia un’attività a cui mi posso dedicare per il resto della vita, è la base per poter vivere, nutrirsi. È una necessità di tutti e credo che dobbiamo avere più rispetto per i contadini.
Conrad Kansambo.
Testo raccolto da Erica Bruschetti, in servizio civile presso il Centro di Mthunzi a Lusaka, Zambia.
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L’IMPORTANZA DI UNA BIBLIOTECA
La Lubuto Library di Mthunzi è un punto di riferimento per i ragazzi, per bambini e bambine, per le giovani madri desiderose di continuare i propri studi, un luogo dove poter trovare aiuto e sostegno. Prima del Covid c’erano tantissime attività per i giovani e tutti coloro che desiderano trovare una guida per il mondo del lavoro, per i bambini che avevano bisogno di aiuto con i compiti, per le donne che non potevano permettersi un’istruzione. C’erano anche programmi di teatro. Quando è iniziata la pandemia, il Governo ha chiuso tutte le biblioteche. Solo la nostra è rimasta aperta, nel rispetto delle misure di sicurezza. Le attività sono state ridotte, gli orari limitati, gli accessi diminuiti.
Per me questa pandemia è sconvolgente. Pensare alla biblioteca chiusa per i bambini è stato devastante per la vita sociale e scolastica, ma anche per me come persona, come madre: ho tre bambini piccoli e mio marito non lavora, dove avrei trovato lavoro altrove? Credo che in realtà possiamo convivere con il Covid. Stiamo conoscendo la malattia e imparando a conviverci. Il lavoro sta ricominciando, dobbiamo solo seguire le regole che ci sono state date.
Martha Ndjldu, Manager della Biblioteca Lubuto.
Testo raccolto da Marta De Luca, in servizio civile presso il Centro di Mthunzi a Lusaka, Zambia.
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LEZIONE DI SCIENZE
Arrivato in Zambia nell’ottobre 2020, gli strascichi della prima ondata erano visibili. Tutti i beneficiari del Centro si preparavano a svolgere gli esami di fine anno non senza difficoltà. I mesi di sospensione delle lezioni in presenza avevano messo alla prova anche i più bravi: i ragazzi studiano solo da appunti, i libri sono un miraggio, parlare di didattica a distanza un’utopia. Gli effetti si sono visti nei risultati finali delle varie classi.
Le vacanze di Natale e di fine anno sono state accompagnate da un sensibile aumento dei casi, la preoccupazione generale è aumentata. L’attenzione al problema è entrata nel quotidiano, sia nelle chiacchiere che nei provvedimenti presi dal Governo per contenere il contagio: scuole chiuse, riapertura rinviata, bar chiusi dopo una certa ora, obbligo di mascherina ecc. Le scuole sono riprese in ritardo, un mese in meno di spiegazioni vuol dire lasciare indietro qualcuno e le conseguenze si vedranno tra qualche tempo.
L’attività di professore di scienze del Centro Mthunzi mi ha portato un giorno a spiegare il funzionamento delle cellule. Abbiamo fatto così un focus sul virus: come colpisce le cellule, la risposta immunitaria del corpo e il funzionamento dei vaccini. È stato meraviglio-so vedere l’interesse dei ragazzi, i più grandi che traducevano durante l’ora di pranzo in nianja quanto ci eravamo detti poco prima a lezione. Credo che la sensibilità e l’attenzione al problema passi dall’averne conoscenza. Spero di aver contribuito un poco a prendere i corretti accorgimenti per limitare al massimo i contagi qui a Mthunzi.
Michelangelo Lixi, in servizio civile presso il Centro di Mthunzi a Lusaka, Zambia.