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Violini migranti
Anno XXII, n. 1 Giugno 2022 - di Anna Ghezzi
Ci sono tre barconi di legno colorato nel cortile del carcere di Opera. All’interno, vestiti ancora impregnati dal sale del Mediterraneo, abiti di persone che hanno lasciato i loro Paesi per raggiungere l’Europa e il sogno di una vita migliore.
A Lampedusa le imbarcazioni dei migranti restano sotto sequestro per anni e vengono poi smaltite come rifiuti. Dieci di quelle barche, invece, ora diventeranno violini, viole, violoncelli e trasformeranno in musica il suono della disperazione di chi vi ha viaggiato, grazie alle mani e alla perizia dei detenuti del laboratorio di falegnameria del carcere di Opera. Gli strumenti musicali nati così saranno prestati a musicisti e orchestre che ne faranno richiesta e suoneranno per dare testimonianza del dramma della migrazione.
Si tratta del progetto “Metamorfosi” della Fondazione Casa dello spirito e delle arti di Milano. «La Metamorfosi è quella del legno che è stato testimone di dolore e diventa segno di speranza», spiega il presidente della Fondazione Arnoldo Mosca Mondadori, socio e amico di Amani e già nostro compagno di viaggio nella realizzazione della Porta d’Europa a Lampedusa. «Il legno viene trasformato in strumenti musicali e oggetti sacri perché le persone possano confrontarsi con la realtà dei migranti che viene spesso rimossa, guardata con indifferenza o in modo ideologico».
Metamorfosi è anche l’opportunità di cambiamento delle persone detenute della Casa di Reclusione Milano-Opera, che realizzano i violini nel laboratorio di liuteria aperto dalla Fondazione oltre 10 anni fa. Le mani che costruiscono sono quelle di Vincenzo, Andrea, Claudio, Nicolae e Giorgi, i cinque detenuti assunti nel laboratorio. Per dieci anni lì hanno costruito violini con il metodo classico, i primi furono consegnati ai ragazzini dei campi Rom di Milano ospitati al Conservatorio Verdi, sempre grazie a una pensata di Arnoldo Mosca Mondadori.
Il legno di un barcone che ha attraversato il Mediterraneo, ha fatto naufragi, trasportato persone, non si lascia domare facilmente. Per farne archi, il liutaio Enrico Allorto ha dovuto recuperare e adattare un’antica tecnica cinquecentesca con cui si costruivano le viole da gamba: una fascia di legno dopo l’altra, come fosse una botte. Così è nato il primo violino, il Violino del Mare, che ha suonato il 4 febbraio scorso in Vaticano davanti al Papa: Carlo Parazzoli dell’Accademia di Santa Cecilia ha eseguito una composizione del maestro Nicola Piovani.
«Non pensavamo che il violino potesse realmente suonare, all’inizio», confessa Mosca Mondadori. «È stata una scommessa. Eppure tutti i musicisti che lo hanno avuto tra le mani, da Parazzoli a Sofia Manvati a Carlo Lazzaroni, ne hanno definito il suono affascinante. Tutti quanti hanno visto che ha un suo suono particolare, non è solo un violino esteticamente particolare, ha una sua identità. Questo ci fa ben sperare per gli altri strumenti».
Entro dicembre usciranno dal laboratorio un altro violino, una viola e un violoncello per il primo quartetto d’archi, nel 2023 altri sei violini. «Ogni volta che un’orchestra vorrà suonare per testimoniare il dramma contemporaneo delle migrazioni», spiega Mosca Mondadori, «noi presteremo gli strumenti e quella diventerà l’Orchestra del Mare».
Il laboratorio è finanziato dalla Fondazione Casa dello spirito e delle arti e dalla Fondazione Cariplo, il materiale – ovvero le barche – è concesso gratuitamente dal Ministero dell’Interno e fatto arrivare a destinazione grazie all’Agenzia delle Dogane. Non tutti i tipi di legname dei barconi possono però essere usati per realizzare strumenti musicali. «Con l’ulivo», prosegue Mosca Mondadori, «faremo rosari da regalare al Santo Padre, dedicati alle persone che fuggono dalle guerre».
E ora il progetto corre: «Attraverso il Ministero dell’Interno e l’Agenzia delle Dogane riusciremo a portare altri barconi non solo a Opera», spiega Mosca Mondadori. «La nostra idea è di costruire una rete di carceri in Italia. Per esempio, a Monza stiamo lavorando a un nuovo laboratorio che possa replicare il modello di Opera. E in ogni carcere ci sarà una specializzazione diversa». Violini, rosari ma anche croci da mettere al collo o da donare e appendere nelle scuole, ideale prosecuzione di quel “Viaggio della Croce di Lampedusa”, simbolo dell’odissea dei migranti, che dal 2014 passa di mano in mano e genera incontri e solidarietà tra popoli di varie culture. «Le croci rappresentano un segno di umanità, che va oltre le religioni», dice Mosca Mondadori. «Per me è cruciale che il progetto Metamorfosi parli di tutti i profughi delle guerre e di tutti i migranti. I migranti continuano ad arrivare dall’Africa, dall’Ucraina, da tutte le zone di guerra del mondo. Non c’è un Paese di serie A o di serie B, la guerra è guerra e i profughi sono profughi. Questo progetto, attraverso il segno del legno, si fa portatore della voce di tutte le persone che non ce l’hanno». Al carcere di Opera le barche posizionate nella Piazza del Silenzio saranno visitate dalle scuole e alcuni migranti racconteranno il loro viaggio in fuga dalle guerre e dalla povertà, dalla fame, dalle persecuzioni, dalle ingiustizie. E dopo i ragazzi, anche gli adulti ascolteranno.
Cresce così il progetto, i detenuti coinvolti aumenteranno via via che altri laboratori apriranno. «Sarebbe bello anche realizzare oggetti per Amani», sogna Arnoldo, «così si aggiungerebbe, idealmente, un altro tassello a questo progetto di cambiamento e testimonianza».
Anna Ghezzi, giornalista de La Provincia Pavese e volontaria di Amani.