Editoriale
Resistenza africana
Anno XXI, n. 1 Giugno 2021 - di Don Dante Carraro
Per il secondo anno consecutivo anche l’Africa, come tutti noi, non è riuscita a liberarsi dalla pandemia. Abbiamo chiesto una riflessione a don Dante Carraro, Direttore di Medici con l’Africa Cuamm, a cui ci legano rapporti di amicizia, stima e collaborazione.
Il mondo viaggia a velocità troppo diverse. Penso alla Sierra Leone che ho visitato di recente, dove il Covid-19 sta rendendo tutto più difficile, amplificando le ingiustizie. I più poveri sono sempre più esclusi dai servizi sanitari di base: l’anno scorso, a causa del virus, la più grande maternità della capitale Freetown, il Princess Christian Maternity Hospital, dove il Cuamm opera da quasi cinque anni, ha perso duemila mamme, costrette a partorire a casa, senza alcuna assistenza sanitaria, con tutti i rischi connessi. Inoltre, la crisi socio-economica causata dalla pandemia a livello mondiale, ha portato al taglio drastico degli aiuti internazionali: il paese è così passato dagli 86 dollari annui pro capite per la salute agli attuali 17 dollari. Gli ospedali boccheggiano, mancano farmaci e reagenti, infermieri e medici sono pagati a singhiozzo, i generatori e le ambulanze sono ferme. Famiglie, comunità e istituzioni sono prostrate e umiliate.
Nei giorni scorsi lo ha denunciato anche un report del Fondo Globale sull’impatto di Covid-19 rispetto ad Hiv, tubercolosi, malaria e più in generale sul sistema sanitario, descrivendo un quadro desolante. I test Hiv effettuati sono crollati del 41%; il riferimento ai servizi dei sospetti malati di tubercolosi è diminuito del 59%; le diagnosi di malaria si sono ridotte del 31% e le visite pre-natali di donne in gravidanza sono calate del 43%. Sono proprio quelli che definiamo gli “effetti indiretti” della pandemia di Covid-19 in contesti a risorse limitate. Ma per quanto riguarda direttamente la lotta a Covid-19 la situazione rilevata è ancora più drammatica: solo il 45% delle strutture sanitarie dispone di sufficienti dispositivi di protezione individuale di base per i propri operatori sanitari, comprese maschere, disinfettanti, guanti e disinfettante per le mani. Nei 24 paesi africani verificati, solo l’11% delle strutture sanitarie potrebbe eseguire test diagnostici rapidi per Covid-19 e solo l’8% potrebbe eseguire test molecolari. Lo tocchiamo con mano in tutti i Paesi in cui opera il Cuamm: penso al Mozambico dove il numero di casi continua vertiginosamente a salire per la vicinanza con il Sudafrica. Solo nel mese di gennaio sono stati registrati 30.000 casi di Covid-19: quasi il doppio di quelli identificati in tutto il 2020. Serve accelerare l’arrivo dei vaccini e la loro distribuzione.
Per questo come Medici con l’Africa Cuamm facciamo nostri i numerosi appelli di papa Francesco e dell’Oms: l’Africa non può restare esclusa, tutti devono poter essere vaccinati. Oltre che giusto, il farlo è garanzia per la nostra sicurezza, perché solo così potremmo interrompere la diffusione del virus e delle sue varianti. È in corso una pandemia mondiale e i vaccini sono gravemente insufficienti, dappertutto. Servono più dosi vaccinali. Molti Paesi infatti non hanno le risorse per poter acquistare i vaccini per il Covid-19. C’è una normativa internazionale che ancora definisce e attribuisce i diritti esclusivi a chi li sintetizza. Non è passata, ancora, l’importanza dei beni pubblici, che sono a servizio di tutta l’umanità. Ci uniamo ai tanti che chiedono la sospensione del brevetto consentendo ai diversi centri produttivi (India e Brasile in particolare) di aumentarne le quantità, smorzando così il mercato dei vaccini. È nata un’iniziativa che si chiama Covax, a cui hanno aderito l’Organizzazione Mondiale della sanità e il Fondo globale per la vaccinazione (GAVI): una coalizione per i vaccini a cui hanno aderito 180 paesi che si propone di raccogliere dei fondi per acquistare miliardi di vaccini e vaccinare almeno il 10-20% della popolazione dei Paesi più poveri. È un’iniziativa lodevole, ma fa tanta fatica: le cifre stimate, da 7 a 10 miliardi, riguardano l’acquisto delle sole pozioni del vaccino. Ma bisogna pensare a cosa significhi vaccinare.
Noi siamo lì sul campo, sempre “con”, a fare la nostra parte. Per questo abbiamo predisposto un piano operativo che mira ad identificare le migliori strategie di vaccinazione e la catena di approvvigionamento, adattandosi alla capacità del Paese, alle infrastrutture locali e focalizzandosi sull’identificazione di gruppi prioritari. I vaccini devono essere “trasformati” in vaccinazioni nell’ultimo miglio, portati fino alle comunità più lontane, lavorando a fianco dei fragilissimi servizi sanitari locali. Inizieremo dai 23 ospedali e 127 distretti in cui siamo coinvolti. Al centro del nostro intervento c’è l’operatore sanitario: va tutelato e formato, affinché continui a garantire parti, visite e tutti i servizi sanitari essenziali alle comunità. Sono medici, infermieri, ostetriche, operatori di supporto. Sono loro il cuore attorno cui ruota tutto il sistema sanitario di un paese.
Da soli non ce la facciamo, ma insieme è possibile. Dobbiamo mobilitarci non aspettando dagli altri un gesto ma facendolo noi per primi, coinvolgendo e spronando tutti: ringrazio Amani e tutti quanti vorranno sostenere questo enorme impegno.
Credits foto: Peter Caton – Action Against Hunger
Don Dante Carraro, medico e sacerdote, è da 13 anni direttore di Medici con l’Africa Cuamm..