Editoriale
L’Africa e la natura violata
Anno XXI, n. 2 Novembre 2021 - di Renato Kizito Sesana
Nella grande diversità delle culture africane c’è un fondamento comune: la presenza di Dio pervade tutta la creazione. Tutto è sacro e tutto è profano.
Dio si manifesta nella natura, e attraverso la natura l’uomo lo adora. C’è una relazione di interdipendenza fra Dio, gli dèi o gli spiriti minori, l’umanità, la fauna e la flora, le rocce e la terra. La vita umana deve essere vissuta in armonia con Dio, gli spiriti, la comunità e la creazione.
La certezza che tutto in natura sia interconnesso è una visione che ritorna in tutti i pensatori africani che hanno messo in scritto le tradizioni orali. Il senegalese Léopold Sédar Senghor ha detto che «il naturale e il soprannaturale, il mondano e il divino, il materiale e lo spirituale, sono uniti in una entità inscindibile». Ma la stessa visione è condivisa – anche se non è verbalizzata come ha saputo fare il grande filosofo e poeta senegalese – dai pastori Masai del Kenya, dagli agricoltori Lamba della Zambia, o dai pescatori Shilluk del Sud Sudan.
È una visione del mondo in cui ogni cosa ha una dimensione sacra. Anche gli animali, anche le piante, anche le rocce. Ecco allora che ci sono i totem. I diversi clan, all’interno della stessa etnia, hanno un animale, o una pianta, come protettore. Così fra gli Abemba della Zambia, se tu appartieni al clan dei coccodrilli, non solo non li devi uccidere, ma li devi proteggere. Lo stesso se appartieni al clan degli ippopotami, e così via. L’intera etnia mantiene un equilibrio con la fauna circostante, in un sistema articolato e bilanciato che alla mentalità moderna fa pensare a guardie forestali “ad animal”. Così un’intera etnia considera una pianta come sacra: come i Kikuyu del Kenya che venerano il mugumu. E non si può mai interferire con la crescita di quell’enorme albero, perché è alla sua ombra e sotto la sua protezione che crescono tutte le altre piante. Cosicché
ci sono i boschi o le foreste sacre, dove gli uomini vanno a pregare, ma anche gli animali trovano rifugio. Aree protette, veri e propri santuari di biodiversità ante litteram.
Armonia significa che gli animali possono essere uccisi solo per necessità, come cibo per la persona o il gruppo familiare, o perché sono un pericolo immediato, non perché sono in sé pericolosi. Tanto meno possono essere uccisi per divertimento.
Mi è capitato di essere sui Monti Nuba sotto un grande albero, a parlare con un gruppo di anziani circondati da giovani e ragazzi che ascoltano. Improvvisamente da un ramo cade in mezzo al gruppo un serpentello, un velenoso mamba verde. Un ragazzino, a piedi nudi, fa l’atto di calpestarlo. Un anziano lo ferma, prende il serpentello con un ramo secco, lo sposta su un cespuglio qualche metro più in là e interpella il ragazzo: «Non è cresciuto, non ti può far male, perché lo uccidi?».
Per proteggere la natura, le culture africane hanno creato totem, tabù, storie, proverbi, rituali che promuovono il mantenimento della grande armonia creata dalla mano di Dio. Si può guardare a tutto questo catalogandolo come ignoranza e superstizione, specie se si giudica dall’arrogante punto di vista della modernità occidentale. Si può al contrario cercare di cogliere il messaggio di questa esperienza umana, che ha permesso agli africani di muoversi nel loro ambiente in modo sostenibile. Eppure nel mondo dell’ecologismo moderno si sente citare l’esperienza degli indiani d’America, o degli indios dell’America Latina, ma raramente la cultura africana e il suo convivere in equilibrio con la natura vengono portati ad esempio. Un’altra conseguenza della cancellazione dell’esperienza africana dalla storia, dalla cultura, dall’economia del mondo moderno?
Ma qualcosa di nuovo c’è nel campo dell’ecologia. È la Laudato Si’ di papa Francesco. Il quale recupera la dimensione più autenticamente biblica del rapporto uomo-natura. Per Francesco “creazione” ha un significato più ampio di “natura”: «La creazione appartiene all’ordine dell’amore»; «la creazione può essere compresa solo come un dono che scaturisce dalla mano aperta del Padre di tutti, come una realtà illuminata dall’amore che ci convoca ad una comunione universale».
Nella stessa enciclica Francesco afferma che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra. L’armonia tra il Creatore, l’umanità e tutto il creato è stata distrutta per avere noi preteso di prendere il posto di Dio, rifiutando di riconoscerci come creature limitate. Come risultato, la relazione originariamente armonica tra essere umano e natura si è trasformata in un conflitto.
Sarebbe bello poter riflettere insieme a Wangari Maathai – la keniana premio Nobel per la Pace fondatrice del Green Belt Movement, che purtroppo ci ha lasciato dieci anni fa – sulla Laudato Si’ e i punti di contatto fra visione cristiana e tradizione africana della creazione.
Credits foto: Peter Caton – Action Against Hunger
Renato Kizito Sesana, giornalista e missionario comboniano, è socio e fondatore di Amani.