Articolo
Campi di incontro, è il momento di ripartire
Anno XXII, n. 1 Giugno 2022 - di Marco Malandra
“Quante persone partiranno?”
“Com’è la situazione in Africa?”
“E col Covid, come si fa?”
Queste sono solo alcune delle tante domande intorno ai Campi di incontro 2022; la pandemia di Covid-19 ha sospeso per due anni i viaggi con cui nuovi volontari, per oltre vent’anni, hanno fatto una conoscenza immediata dei centri per bambini e bambine a Nairobi e a Lusaka.
Le domande e i dubbi sono alla base anche di questo articolo: non è stato facile scriverlo e ho avuto bisogno di molto tempo per ordinare i pensieri. Ho visto che piano piano riuscivo a trovare una coerenza nelle mie parole quando ho riconosciuto che la difficoltà deriva dai due sentimenti contrastanti che mi suscitano i viaggi dei volontari nei campi di incontro: l’entusiasmo per la ripartenza e le preoccupazioni per le tante incognite. Due facce inscindibili e intrecciate.
I due anni di sospensione dei viaggi di volontariato si inscrivono in un contesto di più lunga durata, che mi ha permesso di osservare sostanziali cambiamenti dei gruppi in partenza. Sono partito per la prima volta come volontario nel 2010 e da allora, quasi ogni anno, ho seguito i percorsi con i nuovi arrivati. Anno dopo anno, il numero dei partecipanti si è assottigliato; dai gruppi di trenta persone ormai ci si è assestati su numeri intorno ai dieci-dodici e le previsioni per questo 2022 sono forse persino inferiori. Da tempo mi interrogo sulle ragioni di queste dinamiche insieme ai compagni con cui condivido questa attività. Non ho certezze ovviamente, ma posso provare ad abbozzare qualche risposta.
Il tempo prima di tutto: siamo così presi da noi stessi che dedicare un mese delle nostre vacanze a un altrove così lontano è qualcosa che ha sempre meno presa nell’immaginario comune.
Credo poi che la crisi economica abbia ristretto le prospettive e fatto sì che l’«io» venga inevitabilmente prima dell’«altro». Si instilla così la domanda capziosa che tutti prima o poi ci siamo fatti o sentiti porre: “Perché andare dall’altra parte del mondo quando c’è tanto da fare qui?”.
Una terza ragione è, permettetemi di dirlo, legata alla concorrenza: la possibilità di fare viaggi di volontariato è notevolmente aumentata negli ultimi vent’anni. Ci sono, per fortuna, tante ong che operano nei contesti più disparati e che aprono quindi alle persone un ventaglio di possibilità molto variegato, dal quale scegliere l’esperienza che sentono più adatta alle loro aspettative.
La pandemia e la guerra in Ucraina, infine, non hanno fatto che accentuare queste dinamiche. La prima ha sospeso per due anni i viaggi, spingendo le persone a chiudersi in se stesse; la seconda, quando non alimenta i timori personali, stimola la voglia di fare un’esperienza di servizio nei luoghi dell’emergenza del momento. È cinico osservarlo, ma se proponessimo un campo di aiuto umanitario al confine della Polonia intercetteremmo la domanda del momento e registreremmo molte richieste. Frequentare le realtà del volontariato ha cambiato, per fortuna o purtroppo, il mio sguardo ingenuo sul mondo: anche i viaggi di servizio hanno regole che li governano.
Rileggo queste riflessioni e penso che non sarei stato onesto se non fossi partito da questa fotografia, perché – forse in maniera paradossale – è proprio guardando questa situazione iniziale che vedo con maggiore chiarezza il motivo per il quale mi impegno e sono contento dell’impegno dei miei compagni nel progetto dei Campi di incontro di Amani. Innanzitutto sono contento che i Campi non siano un ufficio partenze che deve garantire un risultato numerico o degli obiettivi. Da quando faccio il volontario, molti mi hanno rivolto più volte questa domanda: “Ma tu perché ti sei voluto prendere questo impegno? Quali sono i valori che ti muovono?”. Una domanda che mi pongo anche in questa occasione: e la risposta balza ai miei occhi dalla frase che per così tanti anni ho letto ai volontari che ho incontrato nei colloqui pre-partenza. “Il Campo di incontro permette a persone non specializzate di fare un’esperienza immediata con bambini in Africa”. In quelle tre parole – immediata, bambini e Africa – c’è il senso di tutto: esprimono il valore della conoscenza, dell’incontro, del servizio e il valore dell’infanzia.
Per prima cosa dico conoscenza dell’Africa e uso il nome dell’intero continente apposta, perché quando si parte la prima volta si ha un immaginario indistinto di quei luoghi. Solo una volta arrivati si familiarizza con il fatto che Africa “si dice in tanti modi”; e allora Kenya e Zambia prendono forma e posizione in maniera sempre più precisa all’interno della cartina, diventano Nairobi e Lusaka e, più in particolare, l’incontro coi centri delinea negli occhi dei volontari Kivuli e il suo portone azzurro che ti accoglie sempre aperto sulla affaccendata Kabiria Road durante il giorno, o la piccola e inconfondibile salita che porta all’ingresso di Mthunzi. Gli scenari diventano luoghi sempre più noti agli sguardi che li stanno conoscendo, i “bambini di strada” cessano di essere una categoria confusa, dai contorni poco chiari, ed emergono invece i volti vividi di Brian, Margareth, Clinton, Nosotua. Sembra banale, ma in un mondo dove tutto viene semplificato con grande velocità, è appagante vedere come i Campi di incontro valorizzano complessità e unicità dei luoghi e delle persone.
Ecco, questo intreccio immediato che si crea tra i volontari, i bambini e i luoghi che li accolgono è la motivazione principale per la quale continuare a impegnarsi e fare gli sforzi necessari per partire. Qualsiasi dubbio, domanda o questione con la quale confrontarsi non vale la bellezza e la straordinaria semplicità dell’incontro.
Uno dei valori che emerge dal Codice Etico che Amani si è data nel 2021 è l’importanza di costruire strade e ponti dove ancora non ce ne sono. I Campi di incontro, citati espressamente proprio nello stesso Codice Etico, sono forse una delle strade più belle che Amani ha aperto e difeso in questi anni. Forse ora ha bisogno di ancora maggiore cura e manutenzione, ma il senso della strada è il cammino che permette di fare alle persone: dopo averla percorsa, quelle persone non saranno più le stesse.
Buon viaggio quindi, bentornati Campi di incontro e benvenuti a tutti coloro che percorreranno ancora questa strada.
Marco Malandra, volontario di Amani dal 2010.