Jack Matika
Mi chiamo Jack Martika, sono nato nel 1985 nel villaggio di Umalwe, nel Kenya dell’Ovest, secondo di 9 figli.
Crescere in un villaggio e in una famiglia così numerosa non è stato facile. L’estrema povertà, la scarsità di risorse, di vestiti, di cure, mi hanno messo a dura prova. Nel contesto rurale in cui sono cresciuto, molte persone trovano conforto nell’alcol, che costa poco ed è accessibile a tutti; molti genitori passano le loro giornate a bere e le notti vagano lontano da casa, senza occuparsi dei loro figli.
Nonostante tutto ciò ho avuto la forza di volontà di completare la scuola, nel 2001 mi sono trasferito a Nairobi da una delle mie sorelle che viveva nello slum di Kibera e mi sono iscritto ad una scuola professionale vicino il Kivuli Centre, a Riruta.
Nel 2003 ho conosciuto alcuni educatori di Kivuli che, girando nelle scuole, identificavano alcuni casi di ragazzi bisognosi di sostegno; mi sono offerto di iniziare a fare volontariato dando ripetizioni ai ragazzi più indietro negli studi.
Avevo solo 18 anni all’epoca e a Kivuli vivevano dei miei coetanei. Mi mettevo nei loro panni e mi ricordavo di come mi sentivo io quando vivevo nel mio villaggio.
La loro situazione mi ha preso completamente, ascoltare le loro storie mi ha fatto venire voglia di darmi ancora più da fare. Ho quindi iniziato a collaborare con padre Kizito, Koinonia Community e Amani. Lavorare con loro e con tutti i volontari che ogni anno vengono a trovarci mi dà la forza di andare avanti.
Oggi lavoro in strada, cerco di avvicinarmi ai ragazzini che vivono da soli e di conquistare la loro fiducia. All’inizio gli offro da mangiare, gioco, persino dormo con loro in strada. Poi alcuni (purtroppo i posti sono limitati!) riescono ad entrare nel programma di prima accoglienza, dove possono venire a lavarsi, a giocare, a dormire. Lì tornano a sorridere!
Perché faccio ancora oggi l’educatore? Amo il mio lavoro, è la mia passione, penso che ciascuno di noi abbia ricevuto da Dio uno dono e una chiamata.
Io l’ho sentita, ho capito le mie potenzialità e ho deciso di svolgere la mia missione. Non ho dubbi di essere nato per fare quello che faccio. Credo nella parabola del buon Samaritano, nell’importanza di aiutare chi ha bisogno, amare e sostenere tutti come se fossero i nostri fratelli. Se perdi un componente della tua famiglia, puoi iniziare a prenderti cura degli altri, anche se non sono i tuoi veri parenti, e avrai ancora più madri, padri, fratelli e sorelle. Il nostro obiettivo è portare la vita dove non c’è vita, la speranza dove non c’è speranza, il futuro dove non c’è futuro.
Dal canto mio vorrei riprendere a studiare, andare all’università, imparare sempre di più sullo sviluppo comunitario e la leadership, per migliorare il mio modo di lavorare con i bambini e come operatore sociale. Il mio più grande sogno è che non ci siano mai più bambini di strada soli al mondo.