Nairobi, venerdì 20 marzo 2020
I bambini sono sempre una luce. Vorrei potervi mostrare due foto di Sammy, ma non si può fare, le regole della privacy non lo permettono, giustamente. Ne ho una di quando arrivò a Ndugu, si vede un bambino di una decina d’anni dallo sguardo triste, arrogante ed impaurito allo stesso tempo, scalzo, un paio di calzoni stracciati, una maglietta che una volta era dei colori della Roma trovata chissà dove.
Sammy non possiede niente di materiale. Non è ciò che ha, è cioè che è, un nodo di relazioni con gli altri.
Ne ho un’altra fatta ieri pomeriggio quando sono andato a Tone la Maji per vedere la sistemazione dei nuovi arrivati. Ero un po’ stanco, e probabilmente si vedeva. Sammy appena mi ha visto mi è venuto incontro correndo a braccia allargate per abbracciarmi. Ho teatralmente rifiutato l’abbraccio, gridando: “No, no, coronavirus!”. Sammy mi ha scansato e si è buttato sul prato, rotolandosi e ridendo. L’immagine delle felicità. Poi mi ha detto: “Padre, qui tutto è così bello! Grazie!”. Lo guardavo e vedevo un bambino che non ha nulla, solo quello che indossa adesso, nient’altro. Niente. Sammy non possiede niente di materiale. Non è ciò che ha, è cioè che è, un nodo di relazioni con gli altri. Ciò che possiede è tutto e solo interiore, le ferite del passato e la gioia del presente. Spero che a Tone la Maji abbia una lunga crescita che riporti equilibrio nella sua vita.